Casale deve avere un impianto per l’atletica leggera

di Gianni Turino

Da Nuove Frontiere News Maggio 2017

Nel lontano 1968, quando le nonne del Ronzone mi chiamavano ancora “bel fiulin” ero presidente delle ACLI. Allora le ACLI erano un movimento molto seguito, che operava oltre che nel sociale anche nello sport.

Furono le Acli, indebitandosi fin sopra i capelli, a realizzare il Centro Sportivo di Via Negri che fu intitolato ad Aldino Re, la cui vedova –signora Marchino- contribuì generosamente alla sua gestione dopo averlo sostenuto nella realizzazione.

Quel centro, le Acli lo donarono poi al Comune (donarono significa donarono) che in poco tempo, per rilanciare lo sport casalese, ne cambiò il nome e tuttora evita di pulirne, come decenza prescriverebbe, la lapide murata all’ingresso.

Un giorno mi si presentò un militare rotondetto, sudatissimo, molto affannato, che venne subito al dunque: “Lei guida un’associazione che dovrebbe fare dello sport un momento aperto a tutti, un momento di promozione umana e sociale… così disattesa dal cosiddetto Stato..” Il maresciallo, oltre che di getto, parlava in modo pericoloso, considerata la divisa, ed anche complicato, perché all’esposto non faceva seguire la soluzione, almeno in chiave di proposta. Stavo per aprir bocca, ma mi precedette con veemenza, tirandola sul personale. “Lei – disse –  scrive di sport anche su giornali importanti; come se non bastasse, quando era giovane (allora avevo poco meno di ventotto anni anche se ero sposato da quattro e avevo un figlio di tre, forse era per questo che il maresciallo Furione usava l’imperfetto davanti a giovane…) faceva molto sport fra cui l‘atletica e, a quanto mi dicono, bene. Vinse anche un importante campionato regionale sugli ottanta metri a Torino, correndo…  scalzo: perché corse scalzo ?…” Risposi “Perché le scarpe che mi passò (…) (…) il Carletto Faè che aveva appena corso gli ottocento metri, avevano i chiodi che foravano la suola e se le calzavo si sarebbero piantati nei piedi…” replicò “Le pare questa una ragione?…” dissi: “Urca se lo è.! ha mai provato lei a correre con chiodi conficcati nella pianta del piede?…” ma lui continuò: “Questa non è una risposta, è demagogia. Il perché non sta nei chiodi, ma nello stato che non fornisce l’indispensabile attrezzatura ai suoi ragazzi che fanno sport… oltre tutto non costruisce nemmeno strutture decenti… Per allenarsi lei dove andava?…” risposi “Con il professor De Polo, nel bosco di Cavagnà, lungo il Po a fianco del canale e dell’Eternit” continuò: “E il bosco di Cavagnà aveva impianti adeguati?” replicai: “Di adeguato aveva solo le zanzare e le bisce; ma almeno si stava tranquilli e non c’erano pericoli se non quello di respirare a pieni polmoni l’amianto e il cemento che ci veniva generosamente propinato dai vicini stabilimenti…” Che fosse un pericolo, quella polvere, l’abbiamo saputo molto tempo dopo. Finì che il maresciallo Furione chiedeva, per poter svolgere regolare attività, di essere affiliato ai gruppi sportivi delle ACLI e l’anno dopo passò alla Junior. “E il contributo?” chiese, “Grazie maresciallo, ma non si disturbi…”, continuò lui “Non ha capito!…,  il contributo lo chiedo io a voi perché l’attività che stiamo per svolgere sarà propedeutica alle ACLI… quindi una mano lava l’altra”. Io mi sentii messo alle corde non solo per via del propedeutico e risposi “Per carità, maresciallo; non abbiamo un filo di sapone ed è meglio che ognuno si lavi le proprie mani…; quello che posso fare è andare dal sindaco con lei per stimolare l’amministrazione comunale al problema…” Il sindaco Tartara ci ricevette cordialmente il giorno dopo.

Sentite le richieste di Furione, esclamò: “Giusto! Sacrosanto!… la quale provvederemo in tempi brevi perché lo sport e specialmente il ciclismo…”; “Atletica, signor sindaco…” gli sussurrai in un orecchia, e lui riprese correggendosi “… perché l’atletica sviluppa oltre ai muscoli anche il cervello e allarga lo spirito… la quale  va fatta praticare in impianti adiacenti…(voleva dire “decenti”) e tutti devono averne la possibilità, non solo chi ha il portafoglio a bocca di coccodrillo…”

L’anno dopo sindaco divenne l’avv.  Motta che, sia pure con ben altre proprietà grammaticali e lessicali, fece le stesse cose: cioè nulla. Dopo Motta, l’avv. Ponti. Allora io ero in consiglio comunale e feci un sacco di interrogazioni sull’argomento ricevendo molti apprezzamenti ed infinite garanzie di pronto intervento che si realizzarono nel nulla. E così sempre, fino ai giorni nostri. Ora l’Amministrazione comunale sta bagnando il naso a Fregoli, che il pagliaccio lo faceva per campare ed era anche in gamba, esponendo programmi e piani mirabolanti che riempiono le pagine dei giornali e svaniscono come bolle, stavo per scrivere: palle, di sapone. Il risultato è che Casale, unica fra le città piemontesi di un certo rilievo, non ha un impianto per l’atletica, ed è una cosa che grida vendetta. “La quale” direbbe l’indimenticabile sindaco Tartara “bisogna che gli appassionati ed i cittadini si mobilitino perché i nostri ragazzi e chi vuol praticare lo sport cosiddetto -regina-  possa avere l’opportunità di farlo dignitosamente”.

E non si venga a dire l’indecenza che gli impianti sono già al Natal Palli.

Tampiniamo senza sosta chi di dovere, cioè l’amministrazione comunale, affinché smetta le ciance ed i proclami e passi ai fatti. Perché lo sport ha un’importanza sociale rilevante, ed è immorale che lo possano praticare, con decenza,  solo “chi ha il portafoglio a bocca di coccodrillo”.

 

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