Mio padre era maresciallo dei Carabinieri a Como.
A seguito della costituzione dell’Ispettorato Generale di Polizia per i servizi di guerra, il 6 marzo 1942 con F.N. 76/13 del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri Reali – Ufficio Mobilitazione – con altri carabinieri specificatamente indicati provenienti da varie parti, venne immediatamente trasferito da Como ed assegnato all’Ispettorato. E di lui per parecchio tempo, la mia famiglia nulla più seppe. Vicende di mio padre sono narrate nel Diario che lui scrisse.
Mia madre, io e mio fratello Graziano, ci trasferimmo a Molino dei Torti (AL), luogo di nascita di mia madre, trovando alloggio presso la sorella di lei Luigina, ove stemmo fino a guerra finita.
Le mie elementari: I e II elementare a Como, III e IV a Molino, la V (anno 44-45) a Castelnuovo Scrivia con un mio coetaneo di Molino.
Fu questo un anno indescrivibile perché la scuola era spesso ed imprevedibilmente di giorno in giorno inagibile per vari motivi (specie per occupazione varie di tedeschi, fascisti e partigiani) e noi ritornavamo indietro. L’inverno fu durissimo: andavamo in bicicletta percorrendo la strada sulla carreggiata segnata nella neve ghiacciata ogni tanto cadendo. Nessuna macchina per la strada, ogni tanto una colonna di tedeschi al che noi abbrancata la bicicletta ci precipitavamo fuori strada per lasciarli passare e quando la strada era asciutta venivamo avvolti da un polverone notevole.
A Molino (vi era il Podestà, ottima persona dicevano), ma nel paese ed in specie nella proprietà centrale di mia zia, si alternavano colonne alloggiate di tedeschi. La proprietà di mia zia era composta da caseggiati e da un terreno con moltissime piante di prugne. Molino era una specie di centro di comando tedesco riguardante alcuni paesi.
Potrei raccontare qualche episodio particolare, ma qui voglio esporre quanto pensava la gente e la sensazione che noi stessi bambini avevamo. Il senso, anzi la realtà era di occupazione con ordine e decisione ferrea. Si sapeva che oltre Voghera vi erano dei partigiani (Varzi ed oltre). Ogni tanto passavano squadriglie di aerei alleati che dal sud andavano, si diceva, in Germania a bombardare e per diverse ore anche si sentiva un rombo continuo: poi ritornavano. I tedeschi occupavano i luoghi, con rispetto verso le persone, senza… toccare le donne, perché tale, dicevano, era l’ordine avuto. La disciplina era perfetta!
Un giorno ritornavamo, da Castelnuovo Scrivia percorrendo la vasta diritta strada in Castelnuovo che portava alla grande apertura di uscita sotto un arco a volta ed in direzione di Molino, vedemmo sotto il detto arco alcune persone che l’occupavano. Capimmo dopo che erano italiani della Repubblica di Salò. Ci fermammo valutando cosa fare e ci dicemmo: ma noi siamo dei bambini! E proseguimmo. Arrivati al detto arco una di queste persone con fare perentorio disse: alt! Ci gelò il sangue. Cominciarono ad interrogarci ed in specie chiedevano se a Molino vi erano dei Partigiani. Per noi il concetto di partigiano si riferiva in specie ad una sola persona che sapevamo che era andata dalle parti di Varzi e che forse qualche volta ritornava a Molino per qualche ora. Ovviamente, continuammo a dire che non sapevamo nulla, mentre uno di quei repubblichini continuava a martellarci ed anche con cattiveria (ricordo di lui due occhi acuti, cattivi, penetranti), finché un altro, più anziano, gli disse: ma lasciali andare, sono dei bambini.
Così cominciammo a percorrere la strada verso Molino, 5 Km circa che a metà percorso subiva una deviazione (ar buscon) che sottraeva dalla vista chi provenisse da Castelnuovo. Quei 2 Km e mezzo li percorremmo senza correre, perché, ci dicevamo, non volevamo che pensassero che fuggivamo, ma con il cuore in gola anche perché vi erano alcune mitragliatrici ed una puntata proprio verso Molino.
Il torrente Scrivia costeggia, a sinistra, quasi tutta la strada Castelnuovo Scrivia – Molino dei Torti. Arrivati alla deviazione di cui ho detto a circa metà strada con rientro poi in dirittura Molino (quel tratto di deviazione era caratterizzato da un folto numero di alte piante che appunto nascondevano la strada a seguire), ci fermammo un momento: il mio amico ritornò per qualche metro indietro per vedere se arrivava qualcuno da Castelnuovo perché in tal caso ci saremmo precipitati giù per una breve scarpata verso il torrente. Nessuno né davanti né da dietro e quindi velocemente ci indirizzammo verso Molino.
Oggi a pensare a quei momenti, al mio amico che era tornato a vedere, con il cuore in gola, se qualcuno ci stava seguendo, se non fosse perché li abbiamo vissuti noi, ci sarebbe da non credere.
Ma… a circa 200 metri da Molino ecco spuntare dal paese in nostra direzione una colonna tedesca: non facemmo però in tempo a valutare perché la detta colonna girò a destra avviandosi verso il paese di Alzano Scrivia, allora Comune unico Molino-Alzano così unificato.
E così in questa saltuarietà ed incertezza si giunse verso la fine delle scuole. Era ormai la estate del 1945.
L’inverno era stato durissimo: i nostri genitori ci preparavano quei mattoni che mantenevano il caldo ed avevamo guanti di lana o para lana non ricordo. Ogni tanto per la strada ci fermavamo per mettere le mani sui detti mattoni. La strada d’inverno era gelata appunto con i due solchi dei carri che noi cercavamo di percorrere uno dietro l’altro con estrema attenzione senza peraltro riuscire ad evitare di cadere appena… sgarravamo un po’.
Un ricordo particolare. Anche di giorno qualche volta gironzolava qualche aereo isolato (Pippo? Forse sì anche se di lui si parlava per la notte) alleato. Una volta, poco dopo l’uscita da Molino per Castelnuovo, l’aereo arrivando dalla zona del vogherese, fece una picchiata quasi passandoci sulla testa e ci dissero che si era… avventato (senza nulla fare) su di un carro trainato da un bue in zona fra Castelnuovo e Sale, passando un paio di volte a non molta distanza sopra la testa del contadino che vi era sopra, il quale, riferirono, si buttò sotto il carro.