Con altri 650 mila giovani soldati italiani che dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943 furono internati e come militari fecero la “RESISTENZA SENZ’ARMI”
È di questi giorni il felice compimento dei cento anni del grande attore di teatro Gianrico Tedeschi, che in una sua recentissima intervista ai TG nazionali ha sottolineato di aver iniziato la sua vita teatrale proprio nei campi di concentramento nazisti della seconda guerra mondiale, precisamente nel campo di Sandbostel dove c’era anche mio padre Paolo Desana che, come nemico dell’Europa nazista, finì la sua trafila concentrazionaria nel campo di eliminazione di Unterluss salvato poi dall’arrivo degli alleati. Ma come Tedeschi, Desana e tra gli altri Giovannino Guareschi dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943 furono imprigionati e tradotti nei campi di concentramento in Polonia e Germania ben 650 mila giovani soldati italiani (55mila di loro morirono nei campi) che per quasi due anni ripetutamente dissero “NO” alle offerte nazifasciste di tornare in patria ma con l’obbligo di far parte dell’esercito della Repubblica di Salò.
Prima di approfondire questa pagina colpevolmente dimenticata della storia italiana, a mio avviso una delle più belle pagine della storia dell’ultimi cento anni, avevo sempre pensato che gli eroi fossero rappresentati da una ristretta minima minoranza di persone con doti particolari di carattere, di forza e di coraggio. Tentando però di comprendere il fenomeno IMI “Internati Militari Italiani”, ovvero 650.000 giovani tra i 19 e i 23 anni che contemporaneamente e senza ovviamente potersi confrontare tra loro in tempo reale con una percentuale del 90 % prendono la stessa gravissima e pericolosissima decisione rischiando tutte le volte la vita di dire “NO” più e più volte alle offerte di tornare in Italia a combattere contro i propri fratelli alimentando già la guerra civile in atto (e, tra l’altro, se la percentuale fosse stata al contrario ovvero il 90 % di optanti favorevoli al rientro in patria le sorti della seconda guerra mondiale probabilmente non sarebbero state le stesse!), mi sono convinto che le qualità che definiscono un eroe sono invece la coerenza, il rispetto della propria dignità e di quella degli altri ed i valori che la famiglia ed il gruppo di appartenenza riescono a far prevalere in un determinato contesto sociale. Solo con queste caratteristiche gli Internati Militari Italiani (IMI) sono riusciti a collaborare in modo determinante alla Resistenza Italiana con la loro “Resistenza senz’armi” con una pagina di storia che oggi più che mai dovrebbe essere ripresa e approfondita, una pagina di grande umanità e di speranza, un vero e proprio lascito morale da parte dei giovani di allora ai giovani di ogni tempo in un momento, il nostro, in cui il futuro appare incerto, i legami umani fragili, gli stati d’animo fluidi, le minacce aleggianti ed i pericoli invisibili.
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