Il 2021 si apre con molte speranze (il vaccino, il Recovery Fund, le scuole riaperte, la voglia di lasciare alle spalle un anno che ha pesato negativamente e ha visto anche perdita di vite umane).
A livello europeo, a livello nazionale, ma anche nelle situazioni locali e più periferiche si sta, pur con difficoltà e senza alcuna certezza assoluta (e quando mai c’è stata?) e in presenza di una crisi di Governo, cercando di progettare il futuro.
Non dimentico che sono imprescindibili, per un qualsiasi impegno nel casalese, la soluzione della questione “trasporti ferroviari” (indispensabili per mantenere il ruolo delle istituzioni scolastiche superiori) e la difesa/rafforzamento dell’Ospedale, e dei sistemi socio-sanitario e socio-assistenziale.
Vi sono pure nel nuovo anno ricorrenze importanti che sarebbero da ricordare: ad esempio la nomina a Sindaco di Francesco Negri (1881) o le rimostranze del Prof. Gabotto (1931) che rimarca come nel libro <Folklore monferrino> si “pone a capo del Monferrato Asti”; argomento che ritornerà nel 1961 con la domanda “Casale è ancora la capitale del Monferrato?”. Come si vede la questione si trascina insidiosa da tempo! Sarebbe da ricordare l’inaugurazione dell’Istituto Ferrini nel 1951. Va ricordato pure che sempre nel 1951 il nostro conterraneo Giuseppe Brusasca, Sottosegretario di Stato, ebbe l’incarico di Commissario per il coordinamento degli aiuti alle vittime dell’alluvione nel Polesine (Brusasca che Casale non lo ha ancora adeguatamente ricordato con una intitolazione significativa). Nel 1961 si ebbe la nomina a Vescovo di Mons. Moietta, mentre il 1971 le dimissioni del Vescovo Angrisani e la nomina del nuovo pastore Mons. Cavalla.
Desidero però sottolineare, inserendomi nella probabile lista dei progetti a cui penso si stia ragionando per il futuro della nostra area territoriale (ambientali, sociali, produttivi, agroalimentari, turistici ed enogastronomici), anche il fondamentale ambito della cultura per sollecitare nuova progettualità.
La cultura, così come lo è per la cura dell’ambiente e il cambio di paradigmi in quell’ambito, è fondamentale; e non solo per la necessità che cambiamo modi di valutare e ci educhiamo a stili di vita diversi e più responsabili. La cultura costituisce anche per Casale e il Monferrato elemento di attività economica e di rilancio del territorio come centro di un’area turistica e di patrimonio storico e artistico, come già riconosciuto dall’Unesco.
Indico solo 4 punti, non esaustivi. Il primo è la necessità di rilanciare la cultura (vitivinicola, agricola e paesaggistica) del nostro Sito Unesco. Quale occasione migliore che il trentennale della morte di Paolo Desana. Nel tenerne viva la memoria dell’impegno profuso per la vitivinicoltura non si deve lasciar cadere il ruolo che questo settore rappresenta per il casalese; e per continuare in tutti i modi possibili a sostenere la nostra produzione agricola, senza la quale si indebolirebbe l’intero tessuto economico e la tenuta socio economica del territorio. Un lavoro che richiede collaborazione di Associazioni, operatori del settore nonché della Amministrazioni Comunali della zona e della Provincia per un progetto condiviso; mettere insieme, in un Progetto Comune, i tanti aspetti folkloristici, danze e canti della tradizioni, della pietà popolare, dei “cammini” in mezzo a boschi e vigneti oppure attraverso i siti di archeologia industriale: la “monferrinità” deve essere un marchio non solo commerciale o turistico, ma trasformarsi in cultura che identifichi e caratterizzi tutta l’area territoriale; ricordando sempre che anche il panorama è parte della cultura, e il nostro panorama dobbiamo promuoverlo, valorizzarlo, e apprezzarlo: insieme al nostro, anzi i nostri dialetti.
Come secondo aspetto, lasciando da parte le discussioni sull’uso del Castello (il progetto per la Biblioteca è ormai abbandonato da una decina d’anni) fare di questo simbolo della città un luogo in cui realizzare in collaborazione col Salone del Libro di Torino un Salone Locale (incentrato sulla storia dei piccoli centri italiani, su figure di artisti o scienziati “minori”, sulla cultura delle “periferie” quella del cosiddetto <Altro Piemonte>, sulle nuove tecnologie e sulle buone pratiche produttive e di consumo. Una specie di “Scuola per la storia, l’economia locale, la cittadinanza e la partecipazione”). E nella stessa logica si potrebbe pensare all’utilizzo durante l’anno di strutture come il Paraboloide e il PalaCoppo per momenti espositivi, musica, corsi di scultura o di regia e fotografia; resta sempre aperto il discorso di una “Esposizione permanente del lavoro e della civiltà contadina” a cui ha lavorato Riccardo Coppo.
Per terzo ritengo fondamentale portare la cultura nelle periferie: concerti, spettacoli, piccole mostre, nelle frazioni e nei quartieri meno centrali, nelle Chiese e nei cortili dei Palazzi, nei parchi e giardini pubblici. In questo quadro si possono rilanciare Folkermesse, Let’s Rock o Fantasy show; ma si deve restare collegati a quanto di valore si promuove nei Paesi (le Danze a Vignale, Armonie in Valcerrina, ecc); continuare con gli spettacoli Teatrali per le scuole, il sostegno ai laboratori teatrali e ai gruppi musicali. E riprendere il Concorso Internazionale Soliva/Premio Massaza.
Infine: continuo ad insistere sulla creazione in città di un Istituto Superiore post-diploma: non possiamo restare slegati dalla cultura (umanistica e scientifica) di livello universitario; non lo possiamo per i giovani, non lo possiamo come città in generale, pena il ripiegarsi sempre più sul quotidiano, sul pessimismo, senza sguardo al domani. Che ci sarà con o senza di noi!
Bisogna tornare a pensare in grande. Quarant’anni fa dal 1 gennaio fu sciolto l’Ente Ospedaliero ai sensi della riforma sanitaria. Si dovette ripensare all’organizzazione sanitaria sul territorio e ad una nuova visione di attività socio-assistenziale. In quel 1981 vi fu l’elezione a Presidente del Comitato Comprensoriale di Riccardo Coppo (succedeva a Bertolone che aveva già svolto un buon lavoro per rafforzare la nostra area) e “da quella posizione -come si legge nelle cronache – a metà marzo chiedeva ufficialmente l’istituzione della Provincia di Casale”. Soprattutto si spese per l’identità di area e per rafforzare lo spirito unitario delle comunità che compongono il nostro territorio. Ricordare quelle occasioni e ricordare l’impegno comprensoriale di Coppo deve essere collegato alla necessità e alla sempre più urgente consapevolezza che Casale vive e cresce solo insieme al Monferrato e che il Monferrato, come identità economica, produttiva, storica, culturale, scolastica e politica, deve restare unito e sapersi “far rispettare” con la presenza di opportuni servizi e istituzioni. Ricordare il Comprensorio (ultima istituzione che rappresentava e univa le nostre amministrazioni in ogni settore pubblico) deve tornare ad essere fondamento anche per richiedere, pur con formule nuove, una rappresentanza unitaria per ridarci speranze.
Il nome di Riccardo Coppo mi ricorda quelli di Riccardo Triglia (nel 1991 nominato alla Presidenza dell’Associazione Mondiale dei Comuni), e dell’ex Vice Sindaco e Assessore Regionale Paolo Ferraris mancato 25 anni fa, persone capaci di pensare in grande e di saper costruire una “politica estera del Comune”, cose che avevano imparato dal Sindaco Motta e da Carlo Beltrame. Avere questa visione ampia e coltivare ambizioni (senza inutili utopie) deve ritornare ad essere una delle doti che la classe politica, nel suo insieme, e la dirigenza (economica, culturale, religiosa, politica, educativa) cittadina e di tutto il casalese è necessario che recuperi. Il 2021 utilizziamolo (e operiamo) per questi obiettivi, per essere nei fatti Capitale del Monferrato.