Esopo e Fedro, i due eccelsi “favolisti” dell’era classica greca il primo, di quella romana il secondo.
Esopo, il deforme schiavo della Frisia-Tracia e poi in Grecia, VII-VI sec. a.C. all’epoca dei famosi 7 saggi della Antichità: favole non scritte, ma tramandate.
Fedro, Tracia, portato a Roma come schiavo bambino e che molto si ispirò ad Esopo (circa 20 a.C. – 50 d.C.), scrisse in lingua latina. Nelle favole si riscontrano riferimenti precisi ed attuali ai momenti che si vivono.
I Lupi e i Cani in guerra tra loro
Esopo narrò questa favola: siamo agli albori dell’età classica greca. Questa favola evidenzia come di fronte ad un nemico bellicoso, minaccioso, unico ed unito, subito pronto alla guerra, un esercito composito debba essere amalgamato e quindi occorra prima temporeggiare e ponderare. Avvenuto ciò, la conseguenza è ovvia: con detta unità di volere e di intenti, la vittoria è certa. Naturalmente Esopo indica come generale di tale esercito un greco.
“Tra i lupi e i cani un giorno scoppiò la guerra.
I cani scelsero come loro generale un cane greco.
Costui prendeva tempo per la battaglia e i lupi si facevano assai minacciosi.
Ma egli dichiarò: “Sapete per quale ragione temporeggio?
È sempre conveniente ponderare bene prima.
Invero di tutti gli altri una sola è la razza e uno il colore; i nostri soldati invece sono di costumi diversi e ognuno è fiero del proprio paese. Anzi neppure il loro colore è uguale e unitario, ma alcuni sono neri, alcuni rossi, altri bianchi o grigi.
E come potrei condurre in battaglia della gente discorde e diversa sotto tutti i punti di vista?”.
Con l’unità di volere e di intento contro i nemici realizzano la vittoria tutti gli eserciti del mondo”.
Foto in evidenza: Esopo – stampa 1493 (Wikipedia)