Mercoledì 14 giugno al Duomo di Milano si è svolto il funerale di Silvio Berlusconi. Ha celebrato la funzione religiosa, l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini. In questa breve riflessione non c’è alcuna ambizione a esprimere un giudizio su quello che è stato Silvio Berlusconi e che cosa ha rappresentato l’uomo Berlusconi negli ultimi trent’anni per il Paese. Piuttosto si desidera fare emergere alcuni dettagli della celebrazione funebre coerenti con alcuni tratti della personalità più autentica del personaggio e del contesto che lo circondava.
Al funerale era presente il suo mondo. C’era il mondo degli affari, rappresentato dagli innumerevoli doppiopetto blu sempre pronti a trovare nuove opportunità per allargare il loro business. C’era il mondo dello spettacolo, rappresentato dai personaggi del piccolo schermo, la cui fortuna si è realizzata grazie all’impero della televisione commerciale creato da Berlusconi. C’era il mondo della politica, rappresentato in massima parte dagli attuali protagonisti, la cui fortuna è cominciata grazie all’incontro con Berlusconi. Infine, c’era il mondo dello sport, rappresentato dai tifosi della curva sud del Milan, che con le loro bandiere e il loro slogan “un presidente, c’è solo un presidente” hanno animato la piazza trasformandola in una baraonda da stadio.
Mancava il popolo, quello vero, quello che soffre e fa fatica a realizzare i propri sogni, perché è stanco di promesse stantie e non crede più nella politica come leva di riscatto. Mancava il popolo dei giovani sempre più bistrattato e costretto a cercare un futuro fuori dal proprio paese. Mancava il popolo, quello spontaneo, quello che in un afflato collettivo si stringeva attorno alla bara, come era successo nel 1984 ai funerali di Enrico Berlinguer.
Berlusconi piaceva essere amato da tutti, e quando qualcuno non lo assecondava in questa sua debolezza, se ne dispiaceva veramente. Era un personaggio che desiderava a tutti i costi essere empatico. Molti degli amici che lo circondavano, probabilmente, per scopi e interessi personali, se ne approfittavano di questo lato debole della sua personalità. Da questo punto di vista, Berlusconi, fatte le dovute eccezioni, in vita ha avuto più ammiratori che veri amici, sempre pronti a circuire il personaggio con descrizioni agiografiche e toni epicheggianti.
È toccato all’arcivescovo di Milano, Mario Delpini riportarlo alla dimensione umana. Il prelato con parole semplici ma efficaci, con limpidezza e senza falso moralismo, restituisce la figura dell’uomo Berlusconi con le sue virtù e le sue contraddizioni, che alla fine del suo percorso, davanti al mistero della morte (o davanti a Dio per chi crede) è soltanto un uomo.
Certamente Silvio Berlusconi è stato, nel bene e nel male, un protagonista della vita pubblica italiana degli ultimi trent’anni. La cronaca è ricca di fatti che hanno inciso nella vita pubblica del Paese. Adesso il suo operato è consegnato alla storia, e soltanto con il tempo si potrà avere un giudizio sereno, non sull’uomo, ma su quello che ha rappresentato per il Paese.
Prima di concludere questa breve riflessione è utile evidenziare anche la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La sua postura e il suo silenzio composto hanno rappresentato, in questo momento travagliato del Paese, motivo di stabilità e pacificazione per l’Italia. Questa presenza, unitamente all’affetto dei figli di Berlusconi e alle parole dell’arcivescovo Delpini, sono stati i momenti più veri dell’intera cerimonia. Per il resto, per dirla come Pirandello, la piazza e il Duomo erano gremiti di tante maschere e pochi volti.