Il rinnovo dei vertici delle partecipate

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La nuova Amministrazione casalese non sembra voler perdere tempo sul dossier delle aziende municipalizzate.
La notizia appresa da “Il Monferrato” di martedì 23 luglio è che col rinnovo dei vertici di Am+, società del servizio idrico integrato, si procederà a revocare le procure a chi in questi anni si è occupato della direzione amministrativa e commerciale.
Scelta legittima, ci mancherebbe, preme però ricordare che la persona che viene allontanata dalla direzione della società dell’acqua negli anni si è contraddistinta per la difesa della permanenza in capo ai Comuni del Monferrato del servizio idrico e non solo.
Questo avviene nel bel mezzo di un commissariamento dell’autorità territoriale di controllo che, pur con qualche proroga che nel nostro paese non viene mai negata, potrebbe procedere nei prossimi mesi alle gare per il servizio idrico. Questa soluzione, lo sanno ormai anche i bambini, porterà la nostra acqua nelle mani di un grosso colosso finanziario quotato in borsa che, nel frattempo, ha aperto un ufficio di rappresentanza nel centro città.
Forse liquidare la direzione amministrativa e commerciale in questo frangente non è una scelta di tempo intelligente se si vuole mantenere l’acqua in capo agli enti locali in considerazione delle molteplici attività a cui dovrà provvedere Am+.
C’è da prevedere che il prossimo passo sarà una nuova revoca delle procure alla direzione tecnica della società di commercializzazione del gas, da anni nel mirino di pretendenti privati: si andrà anche nel caso di Energica a rimuovere una dirigente che ne ha difeso la proprietà pubblica anticipando, tra l’altro, molto prima del febbraio 2023, nei vari Cda, i mancati pagamenti dei condomini amministrati da Ginepro?
Nello scorso Consiglio comunale, quello che ha votato la possibilità di raddoppio da due a quattro mandati per i presidenti delle partecipate, la motivazione spacciata dall’Amministrazione per quella delibera è stata quella di premiare e valorizzare chi, nelle società, ha lavorato bene. Qui, però, siamo di fronte all’esatta negazione di quel principio. Davvero chi ha diretto le aziende pubbliche locali difendendole dalle mire di grandi società private merita di essere liquidato in quattro e quattr’otto proprio nel momento in cui le lame dei grandi gruppi internazionali sono più affilate che mai?
O forse, molto più semplicemente, si vogliono rimuovere gli ostacoli alle (s)vendite del patrimonio pubblico?

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