Le comunità energetiche rinnovabili sono soggetti di diritto privato, organizzati in forma di associazione, fondazione o altro ente iscrivibili all’ambito del terzo settore, che si basano sulla partecipazione aperta e volontaria di soggetti privati localizzati in una determinata area, generalmente un piccolo comune o un quartiere di città di maggiori dimensioni. Essi decidono di installare un impianto fotovoltaico su un tetto o un’area adatta e condividono l’energia prodotta dall’impianto generando energia pulita. In questo modo ottengono un risparmio sui suoi costi e li stabilizzano, soprattutto in periodi di forte speculazione come quello che stiamo vivendo oggi. Lo scopo è ben più ampio di un risparmio in termini economici poiché i benefici sono ambientali e sociali. L’energia prodotta oltre al fabbisogno dei protagonisti viene infatti immessa in rete e serve ad aiutare quei nuclei familiari “in povertà energetica”. Ma l’organizzazione apre anche scenari nuovi sul fronte dell’occupazione, soprattutto quando sono più Cer a mettersi insieme, costituendo vere reti energetiche. Alle comunità energetiche rinnovabili possono aderire i cittadini, le imprese e i Comuni ed è bene differenziare i componenti così che si possa effettivamente sfruttare l’energia prodotta dall’impianto. Infatti la maggior parte dell’energia viene prodotta nelle ore centrali della giornata, quando le famiglie sono assenti da casa perché al lavoro. In compenso nelle ore notturne, con gli altri componenti della Cer a riposo (studi professionali, Enti locali, negozi …..) perché la loro attività si svolge di giorno si creerebbero elevati risparmi che grazie a sistemi di intelligenza artificiale e ad algoritmi verrebbero ripartiti su tutti i componenti. Nel PNRR sono stati stanziati 2,2 miliardi di risorse spendibili fino al 2026.