LETTERA APERTA A SINDACO E A TUTTI COLORO CHE PARLERANNO DA UN PALCO IL 4 NOVEMBRE

Il 4 novembre ricorda , oltre alla fine dell’ultima guerra di indipendenza, la quarta – il sacrificio di centinaia di migliaia di nostri fratelli (furono seicentomila i morti, innumerevoli e non censiti i feriti ed i mutilati, migliaia le famiglie sradicate delle loro memorie e tradizioni).

È, più che un dovere, un ansia del cuore raccogliersi e ricordare.
Ricordare i nostri fratelli di allora che (giovani ed anziani, dai diciotto ad oltre quarant’anni di età) furono chiamati alle armi da ogni parte del Paese

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Ma ricordare non significa far retorica; Il rischio di queste manifestazioni è di dover soggiacere all’improvvisazione di chi chiamato ad orazioni più o meno ufficiali, mancando dei necessari riferimenti, si affida alla retorica che con i suoi toni, le sue amplificazioni e le sue esagerazioni, finisce per svilire il vero sacrificio.
Un riferimento quasi immancabile è quello ai ragazzi del 99:
Nel 1917, dopo la disfatta di Caporetto, fu chiamata la classe del 1899. Quella che poi il Vate, Gabriele d’Annunzio, chiamo “I ragazzi del 99”.

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Erano giovanissimi, ma la loro chiamata non era un’eccezione dovuta alla drammaticità del momento, perché la legge di guerra vigenti prevedeva, e prevede tuttora, che in caso di conflitto bellico vengano chiamati alle armi i nati nell’anno diciottesimo di età. Non DICIOTTO ANNI COMPIUTI ma nati nell’anno, sia il 1° gennaio che il 31 dicembre

I RAGAZZI DEL 99 FURONO CHIAMATI ALLE ARMI ALLA STESSA ETÀ DEI RAGAZZI DEL 98 DEL 97 E COSÌ VIA…

E’ ingeneroso, ingiusto squallido, mortificante, oltre che non esatto storicamente, citare solo la loro leva come sacrificio di giovani..,

Il Vate volava alto, ma a volte va preso con le pinze.

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