Esopo e Fedro, i due eccelsi “favolisti” dell’Era classica greca e latina, greco il primo che scrive, se scrive, sicuramente in greco, romano il secondo che scrive in latino, sono a circa 500 anni di distanza l’uno dall’altro. Essi tramandano, magari rielaborate, “favole” antiche che sono autentici “gioielli” sempre attuali di vita presente.
Esopo, il narrato deforme schiavo della Frisia-Tracia e poi in Grecia, VII-VI sec. C. all’epoca dei famosi 7 saggi della Antichità: le sue favole quasi sicuramente non scritte, ma tramandate a voce.
Fedro, Tracia (circa 20 a.C. – 50 d.C.), portato a Roma come schiavo da bambino, molto si ispirò ad Esopo con argomenti già espressi e trattati da Esopo stesso verso il quale ha rispetto e delicatezza.
Saggezza, acume, intelligenza, modestia, semplicità: favole di una attinenza sorprendente alle realtà contemporanee.
ESOPO: Le due bisacce
“In tempi lontani Prometeo, dopo aver plasmato gli uomini, appese ad essi due bisacce, l’una piena dei difetti altrui, l’altra dei propri, e sospese loro davanti quella dei vizi altrui, dietro quella dei propri. Da ciò è dipeso che gli uomini scorgono a prima vista i difetti degli altri, ma non vedono mai i propri. Si potrebbe utilizzare questa favola nei confronti di qualche intrigante che, cieco quando si tratta degli affari suoi, si vuole immischiare in faccende che non lo riguardano assolutamente”.
Prometeo (colui che riflette) amante dell’Umanità, sottrae il fuoco agli Dei e lo consegna agli uomini, subendo la punizione di Zeus che lo fa incatenare ad una rupe ai limiti del Mondo e quindi sprofondare nel Tartaro.
FEDRO: I vizi degli uomini
Di sacche Giove ce ne impose due:
una, dei nostri vizi ripiena, ci appioppò su la schiena;
l’altra, pesante degli altrui, ci appese davanti al petto.
Perciò non ci è possibile vedere in noi nessun difetto, e appena gli altri errano li censuriamo.