Paradosso dell’Avvocato o Paradosso di Protagora

Aulio Gellio, scrittore, letterato, retore, grammatico nato a Roma (120 a.C.-180 a.C.), personaggio pervaso dal desiderio di sapere e conoscere, da giovane si recò ad Atene (capitale dell’Attica), per studiare, incontrare intellettuali, scrittori, visitare biblioteche, musei. Scrisse “Le Notti Attiche”, riportando avvenimenti, scritti, fatti accertati o sentiti, citazioni. Notti Attiche con riferimento ad Atene e alla lingua attica, caratterizzata da una purezza e semplicità per la quale si parlò e si tramandò la espressione di “stile attico”.

Nelle Notti Attiche è riferito il famoso paradosso. Protagora (circa 480 a.C.) nato nella Tracia fu uno dei sofisti più rilevanti. I sofisti erano i maestri delle Retorica – sistema di norme e comportamenti diretti ad istruire chi volesse comporre dei discorsi finalizzati alla vita pratica, insegnando a pagamento per il conseguimento di interessi personali, specie per la preparazione delle attività a sfondo giuridico (esempio cause in tribunale), con finalità spesso indirizzate a percorsi politici nelle amministrazioni e nei governi delle rispettive città. A Protagora si fa risalire la teoria dei due discorsi opposti, secondo la quale la ‘retorica’ sa sostenere su ogni argomento le tesi contrarie ed è in grado di “far sembrare più forte la ragione più debole”. I sofisti per queste loro attività passarono alla Storia sottoposti a critiche in parte accettabili, ma per altra infondate nel senso che spesso non si considerò che la loro visione delle cose non era riferita al mondo esterno, alla natura, ma all’uomo; inoltre essi contribuirono a tentar di superare forme esasperate di superstizioni: ancora oggi si sente magari criticare qualcuno dicendo: ma come sei sofistico!

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… AULO GELLIO, PROTAGORA SCONFITTO DA UN SUO ALLIEVO

Sugli argomenti che in greco si chiamano ‘antistréphonta’ e che da noi (Latini) possono essere detti ‘reciproca’.

Fra gli argomenti errati, il più errato sembra quello che i Greci chiamano ‘antistréphon (convertibile)’. Questo dai nostri, non certo senza ragione, è chiamato ‘reciprocum’, cioè facile da ritorcere. Ora questo errore avviene nel seguente modo: quando un argomento esposto si può ritorcere in senso opposto e usare contro chi se ne è servito e ha uguale valore in entrambi i casi: tale è quello, molto conosciuto, di cui dicono si sia servito Protagora, il più sottile di tutti i sofisti, contro il discepolo Evatlo.

La discussione e la lite (nate) tra loro a proposito della mercede pattuita era questa: Evatlo, giovane ricco, desiderava essere istruito nell’eloquenza e nell’arte del discutere le cause. Egli era venuto da Protagora per essere istruito e si era impegnato a corrispondere quale mercede l’ingente somma che Protagora aveva richiesta e ne aveva versata la metà subito, prima di incominciare le lezioni, impegnandosi a versare l’altra metà il giorno in cui avesse discussa e vinta la prima causa davanti ai giudici.

Ma, pur essendo stato a lungo ascoltatore e discepolo di Protagora e avendo fatto notevoli progressi nell’arte oratoria, non gli era toccata alcuna causa e poiché era ormai passato molto tempo, sembrava facesse ciò a bella posta, per non pagare il saldo a Protagora: questi allora ebbe una trovata che gli parve astuta: chiese il pagamento del saldo e intentò un processo a Evatlo.

Quando venne il momento di esporre e contestare il caso davanti ai giudizi, Protagora così si espresse: “Sappi, giovane assai insensato che in qualsiasi modo il Tribunale si pronunci su ciò che chiedo, sia contro di me sia contro di te, tu dovrai pagarmi: infatti, se il Giudice ti darà torto, tu mi dovrai la somma in base alla sentenza, perciò io sarò vittorioso; ma se anche ti verrà data ragione mi dovrai ugualmente pagare, perché avrai vinto una causa”;

Evatlo rispose: “Se, invece di discutere io stesso, mi avvalessi di un avvocato, mi sarebbe facile di trarmi dall’inganno pericoloso. Ma io proverò maggior piacere avendo ragione di te non soltanto nella causa, ma anche nell’argomento da te addotto. Apprendi a tua volta, dottissimo maestro, che in qualsiasi modo si pronuncino i giudici, sia contro di te sia in tuo favore, io non sarò affatto obbligato a versarti ciò che chiedi. Infatti se i giudici si pronunceranno in mio favore nulla ti sarà dovuto perché avrò vinto; se contro di me, nulla ti dovrò in base alla pattuizione, perché non avrò vinto.

I Giudici, allora, considerando che il giudizio in entrambi i casi era incerto e di difficile soluzione, giacché la loro decisione, in qualunque senso fosse stata presa, poteva annullarsi da sé stessa, lasciarono indecisa la causa e la rinviarono a data assai lontana.

Così un famoso maestro di eloquenza fu sconfitto da un giovane discepolo che, servendosi dello stesso argomento, scaltramente prese nella trappola chi l’aveva tesa.

(Aulo Gellio, Notti Attiche, V,10)

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