SAN GIUSEPPE IN FESTA

La settimana di San Giuseppe ci preannuncia la primavera… ed è il momento dei ricordi. – La donna cannone – Le palle dolci – La giostra dei “pe an tal cu” e il vento delle gonne – Il pettine misterioso – Lo sconto fiera e l’otto volante – Fantasmi e ricordi

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FESTA NEI CUORI

San Giuseppe era festa; vacanza a scuola e nelle fabbriche; anche e soprattutto nei campi. Era essenzialmente attesa; l’inverno che se ne andava, baracconi in piazza, le giostre, i fiori, il profumo dei friciò, i banchetti con ogni bendidio, i libri… i quadri appesi lungo le vie adiacenti alla Piazza, lo zucchero filato, l’odore aspro degli autoscontro e autopista…. la primavera che trionfava e con essa la speranza… La festa, più che in piazza, era nei cuori…

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ALLOGGIO CON STALLAGGIO, TAILLEUR E STILOGRAFICHE NEL TASCHINO

…San Giuseppe, allora era veramente Fiera e gran festa per tutto l’Hinterland: Dai paesi scendevano di notte con buoi e barose, per essere puntuali all’alba alla fiera del bestiame. Qualcuno era già sceso il pomeriggio prima e passava la notte accanto ai buoi all’Albergo Milano “Alloggio con Stallaggio”, bene attenti che i concorrenti venditori non facessero bere buoi e vitelli in maniera di aumentarne il peso.

La gente correva in piazza Castello vestita della festa; le donne indossavano il tailleur e gli uomini giacca e cravatta con penna stilografica al taschino. I ragazzi sgattaiolavano e saltavano come grilli imbizzarriti

Piazza Castello brulicava di persone: sembrava un grosso formicaio e la gente pareva felice; perlomeno serena.

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IL MURO DELLA MORTE

Quell’anno San Giuseppe cadeva di domenica; il giorno prima il mio amato Bartali aveva vinto la sua quarta Milano Sanremo. A Casale, piazza Castello profumava di friciò e palle dolci e il Diavolo del torrone prometteva ancora quindici giorni, fino alla fiera di aprile, di “…regali e di dolcesse per la spettabile popolasione…”; la donna cannone stava dando il suo ultimo spettacolo (“…Una donna così – diceva il Gambavuecca – è una manna in cascina… ti fa i lavori per tre buoi…”; “…e ti fa rigare diritto…” , commentava sornione il Jin mentre il Brucletta osservava, sottovoce e parlando con rispetto, che… ”se avesse fatto aria in un sacco di farina, ci sarebbe stata nebbia per quindici giorni…”.

Le moto del muro della morte avevano spento i motori perché nel pomeriggio c’era stato un grave incidente (“… la perdita di velocità – ci avrebbe spiegato a scuola il Maestro – ha fatto prevalere la forza di gravità per cui la motocicletta – chi scriveva moto, doveva venire a scuola, il giorno dopo, accompagnato dal padre – è caduta…”) mentre l’autoscontro e l’autopista della ditta Piccaluga, giravano ancora a pieno regime sfruttando il “t.s.t” (termine spettacolo teatrale) che permetteva, in quell’ultima domenica di fiera, ai militar soldati del presidio di rientrare in caserma per mezzanotte.

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LA GIOSTRA DEI PE’ AN TAL CU”, E IL VENTO DELLE GONNE

La giostra dei “pe an tal cu” roteava, seguita con interesse da “… militari, borghesi e ragassi…” che, sorridendo ma tesi scrutavano con occhio avido lo scuotersi delle gonne, con relativo scoprimento delle gambe muliebri; e il soffio di vento che esse generavano e che sfiorava i visi degli uomini era più inebriante del profumo della primavera…

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I CANNONCINI ALLA CREMA E IL DITO MIGNOLO

La gola dei bambini si allungava verso il banco delle frittelle e dei cannoncini con la crema; venivano fritti in enormi padella annegati in olio nero. C’era una tecnica particolare per mangiarli. Lo dovevi addentare tenendo ben allungata la mano che lo reggeva in maniera che la crema, schizzando, spinta dal morso, fuori dall’altra estremità, finisse sul dito mignolo ben steso. Così finito il cannoncino, restava ancora la soddisfazione di succhiarsi il mignolo.

Il Nonno ce ne comprava uno.

“Quindici lire, che ladri…” sospirava “Sa…ne dia uno anche a me…”

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L’OTTO VOLANTE E IL PIPIGAS

Dall’otto volante, che sovrastava la casa dei mutilati, salivano e scendevano urla e gemiti; per le ragazze era l’occasione, durante la discesa vorticosa, di stringersi forte al corteggiatore, corrisposto in segreto, timido rimanendo in posizione anche a discesa ultimata per riaversi dall’emozione… (quanti “… E vissero felici!…”, devono accendere un cero all’Otto Volante…!). Anche la grande fiera campionaria di Primavera, allestita all’interno del mercato Pavia, stava vivendo intensamente i suoi ultimi momenti; il prodotto che aveva spopolato era un oggetto, un piccolo parallelepipedo largo e basso, di smalto bianco; era un fornello a due fiamme che venivano alimentate dal nuovo combustibile, chiuso dalla ditta Pipigas in bombole di spessa lamiera, estratto dalle viscere della pianura padana: il metano; nessuno ancora lo sapeva, ma era la fine dei tamburnin che anche d’estate, forgiati dalle ciapele di pioppo, servivano per cucinare.

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IL PETTINE DEL MISTERO

Mettevano un pettine di costa con i denti su un pezzo di legno, poi sparavano una martellata ed il pettine vi si conficcava senza una piega. La gente correva, si meravigliava, apprezzava, contrattava, ma comprava il pettine.

A casa al primo passaggio nei capelli, saltavano tre denti… (del pettine).

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I TRE MOSCHETTIERI E LO SCONTO FIERA

Su un banchetto brulicante di libri, la trilogia di Dumas: I tre moschettieri, Vent’anni dopo, Il visconte di Bragelonne (quello che faceva impazzire le donne). Prezzo fiera: 180 lire. In tasca avevo duecento lire di pret e li comprai… lieto dell’affare. A casa mio nonno si prese la briga di fare la somma; uno per uno, senza sconto fiera, il totale dava centoquarantacinque. Fu da allora che cominciai a diffidare dei prezzi fiera.

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I FANTASMI DEI RAGAZZI CHE FUMMO (E CHE, FORSE, ANCORA SIAMO)

Nella notte di San Giuseppe, fantasmi vanno e vengono si posano accanto a noi. E sono fantasmi che non fanno paura perché sono fatti di ricordi e di speranze

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