Nei mesi scorsi l’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi ha ricevuto dalla Commissione Europea l’incarico di redigere un rapporto sulla competitività negli stati dell’UE.
Draghi, all’arrivo all’Ecofin di Gand (Belgio) per un confronto con i ministri economici dell’Unione, ha delineato il percorso che porterà alla redazione del rapporto sulla competitività anticipando che si rendono necessari importanti investimenti per rendere il sistema europeo economicamente competitivo rispetto alle grandi potenze economiche che si stanno affermando nel mondo.
Siamo qui al primo scambio tra diversi soggetti interessati per la preparazione del rapporto sulla competitività dell’Europa. Come tutti sappiamo, negli ultimi anni si sono verificati molti e profondi cambiamenti negli ultimi anni nell’ordine economico globale – ha detto Mario Draghi -. Questi cambiamenti hanno una serie di conseguenze. Uno di questi è chiaro: in Europa dovremo investire enormi somme in un tempo relativamente breve. E non vedo l’ora di iniziare questa discussione per sapere cosa pensano i ministri delle finanze e cosa si stanno preparando per finanziare queste esigenze di investimento.
Draghi ha aggiunto: “Non mi riferisco solo al denaro pubblico, ma anche al risparmio privato. Come potrebbero questi risparmi privati essere mobilitati in misura molto maggiore rispetto al passato”. Quest’ultimo passaggio è importante.
Il coinvolgimento di risparmi privati in un ambizioso piano di investimenti sulla competitività dei sistemi potrebbe replicare quanto avvenuto con il Recovery Fund, il più grande progetto di finanziamenti europei ideato dall’UE per uscire dalla crisi economica causata dalla pandemia del 2020 (il nostro PNRR); titoli di debito pubblici , potremmo dire dei “BTP Europei”, emessi per finanziare le opere, garantiti dall’Unione e offerti sui mercati come investimento prudente e sicuro.
Non si sa se questa ipotesi, comunque non enunciata formalmente da Draghi, prenderà piede, le ritrosie da parte di alcuni stati europei al debito comune sono note.
Vale la pena, però, ricordare che nel caso del piano post pandemia, sostenuto per l’appunto da titoli finanziari europei garantiti dall’Unione, abbiamo visto come un minimo accenno di politica economica e sociale sostenuta a livello comunitario abbia messo al sicuro la moneta unica, e quindi i nostri portafogli, da scossoni e crolli valutari nella crisi più dura che si sia conosciuta dal secondo dopoguerra.
Vale sicuramente la pena insistere sulla strada di una politica economica – e quindi del lavoro e sociale – sempre più integrata a livello europeo per dare quella copertura politica comune alla moneta unica che per troppo tempo è mancata.